«Pur essendo un tantino “orso”, come lui stesso ci confessa, l’architetto Renzo Zavanella consente a concederci l’intervista. Quando ne viene a conoscere l’oggetto, avrebbe voglia di svignarsela nell’angolo più nascosto del suo studio.
“Chiedetemi di architettura o d’arte, ma non mi fate domande estranee alla mia professione. Cosa volete che vi dica sulla donna ideale?»

«Despite being a little “grumpy”, as he himself confesses, architect Renzo Zavanella allows us an interview. Once informed of the subject, he would like to sneak off to the most hidden corner of his studio. “Ask me about architecture or art, but don’t ask me anything that doesn’t have to do with my profession. What would you like me to say about the ideal woman?»

profile

Nato a Mantova allo scoccare del Secolo breve la sua vicenda, che si svolge quasi tutta a Milano, costituisce un capitolo sostanzialmente obliterato del grande romanzo dell’architettura del Novecento. Tra le due guerre collabora con Gio Ponti e Luciano Baldessari ed è “compagno di strada” di alcuni dei maggiori protagonisti della cultura architettonica e artistica italiana: più direttamente con Enrico Ciuti, Lucio Fontana (col quale realizzerà piccoli capolavori di architettura funeraria al Monumentale di Milano), Raffaello Giolli, Giulio Minoletti, Giuseppe Pagano, Edoardo Persico, Agnoldomenico Pica; più marginalmente Franco Albini, Ignazio Gardella, Giancarlo De Carlo, Carlo De Carli, Ernesto Nathan Rogers, Marco Zanuso. Nel secondo dopoguerra è, tra gli architetti, uno dei maggiori protagonisti del “miracolo economico” italiano, disegnando i nuovi spazi e gli oggetti simbolo della società del consumo di massa e concentrando la propria attività professionale su diversi fronti: dall’architettura espositiva (che sarà, per tutta la sua carriera, settore privilegiato di sperimentazione), al design di interni, dal nascente settore dell’industrial design (dove l’oggetto “di serie” sarà da lui concepito come “pezzo unico” dalla raffinata artigianalità del dettaglio, in un approccio sospeso tra Albini e Mollino), fino ad arrivare allo studio e alla realizzazione di prototipi da prodursi in serie per abitazioni-tipo e per gli edifici a servizio della meccanizzazione diffusa (stazioni di rifornimento, autogrill). Zavanella sarà poi chiamato a cristallizzare (per OM e, soprattutto, per la Banca Popolare di Milano negli anni Cinquanta e Sessanta), all’interno di un innovativo concetto di total-design, un’idea avanzata di corporate-image aziendale. Anche nell’ambito dello sviluppo delle tecnologie legate all’industrializzazione edilizia l’architetto mantovano fornisce, come scriverà anche Giulia Veronesi, il suo “apporto originale all’architettura”, attraverso l’applicazione “poetica” di sistemi modulari montati a secco, nuovi paradigmi di processi produttivi basati sulla serialità e sulla razionalità economica e costruttiva.
Esperienza, quella del dopoguerra, che si colloca nell’alveo della nascita della cultura tecnologica del progetto che vedrà poi la sua fondazione, più compiutamente anche in termini disciplinari e accademici, all’inizio degli anni Settanta.

Per ulteriori approfondimenti alla specifica sezione della monografia >>

Born in Mantua at the stroke of the Secolo breve, his life, almost entirely lived in Milan, is a chapter that has practically been deleted from the history of 20th century architecture. Between the two wars, he collaborated with Gio Ponti and Luciano Baldessari and was a “travel companion” of some of the main protagonists of the architectural and artistic culture in Italy: more specifically Enrico Ciuti, Lucio Fontana (with whom he created small masterpieces of funerary architecture at the Monumentale di Milano), Raffaello Giolli, Giulio Minoletti, Giuseppe Pagano, Edoardo Persico, Agnoldomenico Pica; more marginally, Franco Albini, Ignazio Gardella, Giancarlo De Carlo, Carlo De Carli, Ernesto Nathan Rogers and Marco Zanuso. After WWII, he was one of the most important architects of the Italian “economic miracle”, designing the new spaces and objects that represented the new mass consumer society and focusing his professional activity on various fronts: architecture for trade fairs (throughout his whole life this will be his preferred field of experimentation), interiors design, the newly born industrial design (he will conceive “mass-produced objects” as “unique pieces” with refined craftmanship of the detail and an approach suspended between Albini and Mollino), all the way to studying and creating prototypes to be mass-produced for model-houses and buildings for the widespread automation (gas stations, motorway restaurants). Zavanella will then be called to crystallise (for OM and, above all, for Banca Popolare di Milano in the 1950s and 1960s), within an innovative concept of total design, a modern idea of corporate image. Even in the development of technologies for building industrialisation the architect from Mantua will provide, in the words of Giulia Veronesi, his “original contribution to architecture”, through a “poetical” application of dry mounted modular systems, new paradigms of manufacturing processes based on the mass-production and the economical and architectural rationality.
The post-war experience finds its place in the emergence of the technological culture of the project which will be then finally grounded, even in terms of disciplines and academia, in the early 1970s.

For any further details, please see the specific section in the monograph >>

Don`t copy text!