«Leggere l’opera di Zavanella attraverso le scritture del progetto costituisce il primo tassello utile per attuarne una corretta rilettura critica e per comprenderne le dinamiche del processo ideativo-creativo, riportando così in superficie tracce nascoste della sua complessa e articolata genesi»

«To read Zavanella’s work through the project’s writing is the first useful step to read him in a correct critical way and to understand the dynamics of the idea-creation process, bringing back to light hidden traces of its complex and articulated genesis»

drawings

Zavanella “scarabocchia” lungo la sua esistenza tutto quello che gli passa sottomano (maniacale grafomane da un lato e ossessivo indagatore delle infinite possibilità del progetto dall’altro) e i suoi disegni esprimono d’altro canto, come scriveva Ernesto Nathan Rogers, una sorta di tormento, quella “ricerca della felicità” e della soddisfazione che compensa, nel lavoro di un architetto, dei patimenti – anche fisici – che egli deve subire durante la genesi di un’opera, dal primo bozzetto al cantiere, tra rinunce, contraddizioni, adattamenti, rifacimenti, ripensamenti. Tra le sottili e filiformi linee che si dipanano come una matassa di cotone finissima che si snoda tra un disegno e l’altro, tra un progetto e l’altro, intrecciandosi con le tribolate vicende biografiche dell’architetto, è possibile così scorgere quella inquietudine di fondo che, anche nelle opere più limpide e riuscite, ne pervade il percorso creativo. Ed è di nuovo il disegno che palesa la connessione diretta tra la complessità
dei linguaggi della rappresentazione e quelli, altrettanto poliedrici, da lui impiegati nei suoi progetti.

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Throughout his whole life, Zavanella “doodles” everything he can get his hands on (obsessive graphomaniac on one hand, and maniacal investigator of the infinite possibilities of the project on the other). Nevertheless, and just as Ernesto Nathan Rogers wrote, his drawings express a sort of torment, that “search for happiness” and satisfaction that, in the work of an architect, balances out the hardship – sometimes physical – he has to endure during the genesis of a piece, from the first sketch to the building site, with sacrifices, contradictions, adaptations, do-overs, second-guesses. Between the exquisite and spindly lines unravelling like a bundle of very fine cotton, twisting from one drawing to the other, from one project to the other, crossing paths with the architect’s painful life, one can glimpse that basic anxiety which permeates even the most pristine and accomplished work during the creative process. And again, it is in the drawing that one can see the direct connection between the complexity of the depiction languages and the equally versatile languages he used in his projects.

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